L’INVENTORE DI SOGNI

L’INVENTORE DI SOGNI

Quest’anno “L’inventore di sogni” di Ian McEwan compie 30 anni.

Una storia che ci ricorda come la capacità di fantasticare ci aiuta a ricollegarci alla realtà in modo diverso, ci aiuta ad assumere un nuovo sguardo su quello che ci circonda, ci propone una visione sulle cose più sfaccettata.
Peter, il ragazzino protagonista, ha davvero un’immaginazione sconfinata, che lui utilizza in piena libertà. Peter si distrae continuamente, la sua attenzione viene attirata da elementi che agli altri sfuggono, e quella distrazione è per lui trampolino di lancio per creare storie fantasiose, davvero assurde. Peter è un sognatore, ma con consapevolezza e intelligenza.

Nelle ultime pagine del libro si può leggere un passaggio molto bello:

Peter si voltò a guardare il mare. […] Gli si dispiegava dinanzi, sconosciuto e immenso. Una dopo l’altra le onde si srotolavano e spruzzavano sopra la sabbia, e a Peter sembrarono l’immagine di tutte le idee e le fantasticherie della sua vita.

Allora darsi la possibilità di distrarsi, di liberare la mente da schemi preconfezionati, di librarsi leggeri negli spazi della fantasia, è davvero fondamentale e non una “stranezza” secondo l’interpretazione delle persone che circondano Peter.

Peter è in una fase di cambiamento. 10/11/12 anni. Quando sai di non essere più del tutto bambino ma non sei ancora ragazzo, quando hai bisogno di prenderti i tuoi spazi ma di avere ancora una connessione con quello che ti sei lasciato alle spalle.
È qui che la capacità di Peter di fantasticare diventa potente, perché lo porta ad allontanarsi per brevi momenti da una realtà nella quale deve ritrovare il suo posto; prende quelle giuste distanze per rivedere e rivalutare le situazioni, per poi ritornare alla realtà con qualche risposta in più, cambiato nel suo stare nella quotidianità.
La sua abilità immaginifica è straordinaria, si creano sequenze completamente fuori dall’ordinario.

E così nella mente di Peter arriva la “pomata svanilina” con la quale può fare sparire i genitori e la sorella, spalmandola semplicemente sui loro corpi. Nel momento in cui decide di usarla sa di voler molto bene alla sua famiglia, ma ha proprio bisogno di starsene un po’ da solo, è necessario.
E questo ci conduce direttamente al “diventare grandi” e al bisogno di quell’indipendenza tanto voluta. Peter però si rende conto che da solo ancora non può aspirare a quella autonomia. Bisogna aspettare ancora un po’.

Il suo fantasticare a volte è collegato a fatti che stanno per accadere e che probabilmente lui ne è consapevole senza rendersene conto. Come quando “cambia la propria pelle con quella del gatto”, immaginando di farlo tornare giovane e coraggioso nell’affrontare gli altri gatti della zona. Quando ritornerà nella realtà scoprirà che qualcosa è accaduto, straordinariamente in continuità con il suo sogno ad occhi aperti.

La scrittura di Ian McEwan è dettagliata, c’è una descrizione minuziosa delle situazioni e degli stravolgimenti che la fantasia di Peter mette in atto. È una scrittura ironica, maliziosa, che elabora storie con risvolti che non si riescono ad intuire. McEwan è stato più che altro uno scrittore per adulti, ma questo libro sa raccontare con tale precisione, e in modo molto divertente, i cambiamenti, i pensieri, i bisogni che l’arrivo dell’adolescenza porta con sé che si ha l’impressione che lo scrittore abbia sempre e solo scritto per ragazzi. Tra le righe di sogni così assurdi, McEwan ci descrive un sentire assolutamente vero e reale.

Una chicca di questo libro: le illustrazioni sono di Anthony Browne!

Consigliato dai 10 anni.

L’inventore di sogni, Ian McEwan, Einaudi ragazzi